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martedì 22 gennaio 2013

Il fumetto ai tempi dello spread

A metà degli anni novanta, ero un disegnatore che cercava di fare esperienza lavorando. Cercavo di fare gavetta e di portare qualche soldo a casa. All'epoca c'erano numerose testate minori, in edicola, magari di qualità altalenante, ma le oppurtunità c'erano. Poi, improvvisamente, queste case editrici, o sono scomparse, oppure hanno ridotto drasticamente la produzione, e io per anni, mi sono guadagnato da vivere con la pubblicità.
Oggi credo che questo Samsara stia tornando a ripetersi. Vedo tantissimi disegnatori validi che avrebbero il talento per misurarsi con la narrazione a fumetti, ma vedo anche sempre meno opportunità, perché le testate chiudono o non aprono neppure.
E' colpa degli editori? E' colpa dei lettori? E' colpa degli autori?
"La colpa morì fanciulla", si dice da queste parti.
Ho smesso di dare "ricettine" del successo (contento?), anche se ancora ci credo. Resta l'amarezza nel vedere tanto talento sprecato, ma rispetto a vent'anni fa, ragazzi, avete una possibilità in più. La possibilità della rete, uno strumento davvero democratico per farvi notare, anche se dopo qualche anno di pubblicazioni on-line gratis, nessuno vi garantisce che non finirete a fare i benzinai nella stazione di servizio dello zio.
Stiamo assistendo ad una speciazione. Vedremo quale sarà il ramo narrativo che riuscirà a non estinguersi.

Visto che sono un sognatore, però, continuo ad inseguire un sogno: sogno che un editore mi chieda di realizzare una serie innovativa a basso budget, che mi permetta di mettere al lavoro una ventina di autori, tra sceneggiatori e disegnatori, una serie simile alle altre, ma anche intimamente diversa, una serie che riesca a catturare quei lettori che il mio amato "formato bonelliano" neppure lo prendono in considerazione. Ma serve, prima di tutto, un editore che sostenga questa testata a lungo, perché, per attrarre nuovi lettori, in assenza di un budget per la promozione, il passaparola è l'unico strumento a disposizione, e il passaparola è lento. Molto lento. Bisogna tener botta e incrociare le dita. D'altra parte, altrimenti, perché si chiamerebbe rischio d'impresa? E in questi tempi di crisi, il rischio potrebbe essere fatale.

Io comunque continuo a conservare gelosamente una cartella che contiene tutti i disegnatori validi che mi sottopongono i loro lavori. Ogni tanto capita di impegnarne qualcuno, per un lavoro mio o di altri. E in quei casi mi sento un po' meno triste.