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sabato 12 agosto 2023

Un piccolo saluto per un grande uomo: Piero Barbetti

 Alla fine degli anni 80 mi sono avvicinato al mondo della radio e delle dirette degli speaker nottambuli. A rapirmi il cuore fu Piero Barbetti di Radio Fiesole, con la sua trasmissione in diretta da una stanzetta impregnata di fumo di sigaro, in compagnia di un simpatico regista e delle telefonate in diretta degli ascoltatori. Andavo a trovarlo con mia cugina, in serate che erano davvero delle piccole grandi avventure. Poi venne la SUA radio, Radio Firenze, senza la quale, Radio Strega de "L'Insonne" non sarebbe esistita. Il nome era diverso, ma la frequenza e le atmosfere erano le stesse. Quella radio iniziai a frequentarla, prima  come ascoltatore, poi come ospite soprattutto per quando c'erano argomenti a me cari come fantasmi, UFO o il mostro di Firenze, e poi come co-conduttore insieme a tanti amici in una trasmissione dell'ora di pranzo.  Si usciva da scuola e si andava a fare radio. 

I più anziani ricorderanno "Mio Mao", una serie TV di animazioni fatte in plastilina. La sigla delle animazioni è stata composta proprio da Piero Barbetti. 

Piero Barbetti, che è stato pioniere delle radio private, musicista e personaggio televisivo con un noto spot e un paio di partecipazioni al Maurizio Costanzo Show, mi ha dato anche la possibilità di fare i primissimi passi nel disegno, pubblicando vignette e fumetti sul mensile della radio, ma non solo. Nel 1994, la sua figura e il suo immancabile sigaro, hanno ispirato il personaggio di Piero Conti, il Boss di Radio Strega nella serie a fumetti de "L'Insonne". 

Le strade con Desdemona si sono incrociate nuovamente quando abbiamo girato a casa sua alcune scene dell'esterno di Radio Strega per il film a lei dedicato. In quella occasione Piero, che non incontravo da decenni, mi mostrò orgogliosamente dove aveva appeso il quadretto con la tavola che gli avevo regalato e che mostrava la prima apparizione del suo alter ego a fumetti. 

Piero è stato un vero riferimento negli anni della mia crescita e della mia formazione come uomo. Lui non l'ha mai saputo, ma io l'ho sempre considerato un padre.

Caro Piero, sapevo che prima o poi il momento di salutarci sarebbe arrivato. Lo sapevo ma avevo cercato di illudermi che non sarebbe mai arrivato. Grazie, Piero, grazie di avermi insegnato il modo giusto di vedere il mondo.





giovedì 15 ottobre 2020

La crepa

 














La vedete la crepa?

Sì, accanto alla penna, sotto alla tavoletta Cintiq.
E' una crepa molto particolare quella.
Certo, il tavolo è uno di quelli da arredamento svedese a buon mercato, ma quella crepa non è stata provocata da un urto violento.
Quella crepa è stata generata dal mio gomito sinistro. No, non un colpo secco, ma una lentissima pressione durata tre anni. Tre anni di lavoro al tavolo da disegno, naturalmente. Tre anni per una media di 12 ore al giorno, compresi tre Natali, tre Ferragosti, tre compleanni, etc etc. Per scelta, per necessità, per situazioni contingenti. 

Se è vero che bisogna impegnarsi per lasciare un indelebile segno di sé nel breve transito terrestre io intanto ho lasciato una crepa su un tavolo.

domenica 30 settembre 2018

Essere Richard Wrost

Ero per strada, stavo aspettando una persona. Ad un certo punto mi si para di fronte un ragazzo, più o meno ventenne, in tenuta da viaggio in bici, zaino, guantini etc etc e mi grida:
"Ma lei è Richard Wrost!"
Ora, io non sono sicuro di aver capito bene. So solo che ha detto qualcosa che suonava pressappoco in quel modo. Poi ha continuato:
"Magari è in incognito, ma la prego, mi farebbe un autografo?"
Sfortunatamente ero un po' teso e preoccupato per ben altre cose e penso che sia stato un vero peccato, perché sono sicuro che in un altro momento lo avrei irretito con una supercazzola e avrebbe finito per far lui a me un autografo fasullo.
E invece gli ho solo detto: "Smamma idiota" (che solo adesso mi rendo conto di quanto sia una frase fuori dal tempo come quando dico "pardon").
Peccato, giovane amico burlone. Non hai trovato il DiBe migliore. Magari l'avresti potuta raccontare agli amici e io resterò col dubbio su chi accidenti sia Richard Wrost.


sabato 29 settembre 2018

Del "dono", del cancro e del pensiero positivo

Avete presente la faccenda del "DONO" che sta imperversando sui social?
Nella vita l'ho sentita molte volte e troppe volte l'ho professata.
Per capirla a pieno bisogna conoscere il retroterra, per certi versi, "new age" in cui il concetto nasce. Sono ambienti che ho frequentato e da cui mi sono un po' allontanato, forse a causa della disillusione e del cinismo dell'età. E dalla pessima compagnia.
In certi ambienti inclini al "pensiero magico", le difficoltà della vita sono dei "doni", perché superando le difficoltà si cresce. Sono come scalini che salendoli permettono di vedere il mondo che ci circonda un po' più dall'alto e quindi più chiaramente. Sono dei confini, e i limiti sono una buonissima cosa, perché quando si individuano si inizia già a superarli.
Ok, fin qui tutto molto bello.
La faccenda si complica di fronte a un problema di salute bello grosso. Un problema che terrorizza come terrorizza la paura della morte. Per affrontarlo bisogna indubbiamente far ricorso a tutte le proprie energie e certamente anche ad una profonda fiducia nel domani. Lo spirito è utile, fondamentale, ma non è abbastanza. L'ho visto con i miei occhi come molti di voi. E no, purtroppo non basta. Anche ad Auschwitz c'era il pensiero positivo: "Il lavoro rende liberi" recitava la scritta sull'ingresso. Sapete come andava a finire.
Il pensiero positivo, semplificato e proposto alle masse come un prodotto di banale consumo è deresponsabilizzante e inutile. E' utile in un lungo percorso di consapevolezza personale, e non può essere ceduto o insegnato. "Venduto" come una semplicistica panacea è addirittura pericoloso.

I social e la depressione

Da varie parti ho letto che i social, e specialmente Instagram, aggraverebbero gli stati depressivi. Riportando la sua esperienza personale lo ha raccontato anche Elon Musk. Figuriamoci. In soldoni vorrebbe dire che a furia di scorrere i profili di gente dalla apparente vita felicissima, pur comprendendo che c'è una predominante patina di finzione, il sentimento profondo che si prova è quello che la propria vita, le proprie capacità, e le proprie aspirazioni siano inadeguate.
Questo mi ricorda un po' la televisione degli anni 80, quando è passata da intrattenimento ed educazione, al solo svago fatto di voyeurismo delle vite luccicanti delle star, oppure dell'abisso dei casi umani. Negli anni 80 tutti volevano apparire in tv, ma in pochi potevano realmente farlo, mentre oggi tutti, con in mano un "coso" possono inventarsi una vita migliore e far credere agli altri che lo sia, generando depressione per loro e per gli altri.
La soluzione? Non ce l'ho. Posso proporre un consiglio: scollegarsi.
In fondo, Morpheus lo aveva detto.

venerdì 30 marzo 2018

La postina sbaglia sempre due volte

La storia che sto per raccontarvi ha davvero dell'incredibile.
Ogni 15 giorni circa vado nella mia vecchia abitazione nella campagna fiorentina a controllare se è tutto in ordine e se è arrivata posta importante.
Una ventina di giorni fa vado, trovo della posta e la porto alla casa nuova per sbrigarla, ma tra le bollette ce n'è una di troppo.
Una è indirizzata a una mia vicina di casa,  che per la cronaca, ha un nome completamente diverso dal mio, ed era stata messa nella mia cassetta per errore.
Sapendo di non poter tornare a breve alla vecchia casa per restituire la bolletta alla destinataria, opto per il vecchio sistema di imbucare nuovamente la bolletta in una cassetta postale. Prima di farlo, però, la busta resta un paio di giorni sulla mia scrivania, travolta dal delirio dei miei fogli. Così capita che prenda distrattamente un appunto proprio su quella busta.
Male di poco, cancello la piccola scritta, imbuco la busta e non ci penso più.
Ieri sono tornato di nuovo alla vecchia casa per il solito controllo. Uscendo, svuoto la cassetta delle lettere e salgo in auto gettandole distrattamente sul sedile dell'auto.
Uno scarabocchio familiare attira la mia attenzione: tra le bollette c'era nuovamente quella della mia vicina di casa. Per due volte la postina aveva imbucato la stessa busta nella cassetta sbagliata.
Un record.
Questa volta ho messo personalmente la bolletta nella cassetta giusta, ma stanotte ho sognato un corriere che suonava insistentemente alla mia porta e con un sorriso demoniaco mi consegnava di nuovo quella dannata busta.


giovedì 15 gennaio 2015

Di vignette, status e stragi

Un amico mi ha fatto notare come il dolore per le vittime di Parigi non sia emerso dai miei status di Facebook, come se non fossi stato toccato da quel massacro. Perché in quei giorni non mi sono, come tutti, platealmente strappato occhi e capelli?
Perché mi ero strappato il cuore. E pure lo stomaco. In privato.
Perché mi sembrava superfluo gridare il mio dolore per una cosa così palesemente inumano.
Questo è anche il motivo per il quale non ho fatto nessuna vignetta: tutto superfluo, inutile e prevedibile dopo quel mare di sangue.
Questo è il limite dei social: sono troppo veloci. Non si può comprendere uno stato d'animo complesso da una frase o scorrendo compulsivamente la ruzzola del mouse.

Urge riflessione che non tarderà ad arrivare.

Sulla questione riguardante il libro abusivo realizzato dal Corriere, beh... è talmente un torto gigantesco che non perdo tempo ad articolare un discorso.


Illustrazione di http://www.mammaiuto.it/ (seguiteli che sono favolosi)