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giovedì 25 agosto 2011

Le miniserie a fumetti sono morte

Come sapete, da qualche anno, la prassi dei grandi editori italiani di fumetto è puntare su miniserie auto conclusive. Una pratica che io stesso ho sposato ma che oggi mi sento di mettere in discussione, perché per me le miniserie a fumetti sono morte.

Almeno questo è il mio modestissimo parere e vorrei, in tre parole, spiegarvi il mio punto di vista.
Questo pensiero ferale si agitava dentro di me da diverso tempo e ha preso corpo come un ectoplasma in una notte di San Marino parlando con l'amico Mario Taccolini.
Come dicevo, da anni ormai si punta su miniserie di pochi episodi sperando di interessare il lettore italiano, sempre più stanco, annoiato e distratto, proponendo sempre nuovi personaggi, nella speranza che prima o poi uno di questi eroi sia la svolta di un mercato in evidenti difficoltà. Ma questo non succede. Perché? Che accidenti stiamo sbagliando?
Il lettore non frequenta più l'edicola. Quei gabbiotti pieni di cartaccia sono stracolmi di offerte di ogni tipo.
Il costo degli albi è troppo BASSO per ricevere la spinta dell'edicolante che ha un ricavo irrisorio. Questo provoca che le testate che non appartengono ai grandi editori e che hanno quindi tirature limitate, non riescono ad emergere.
Gli albi a fumetti non possono permettersi la pubblicità, non possono farla perché i costi di un passaggio televisivo, ad esempio, sono spropositati per i magri guadagni di un fumetto.
La qualità non influenza le vendite. Ci credereste? Io non credevo alle mie orecchie quando un importante editore italiano mi diceva che il suo pluripremiato fighissimo eroe vendeva la stessa cifra della fetecchia fatta con la "tecnica René". I lettori erano praticamente gli stessi. Pochi.
Quindi, l'unico modo che ha una serie a fumetti di sfondare è quello del passaparola, ma il passaparola necessita di moltissimo tempo. Anni. Con miniserie di 6 episodi bimestrali non si va da nessuna parte.

La mia ricetta...

Non so se qualche editore di buon cuore mi darà questa possibilità, ma ho messo a punto una ricetta che voglio rendere pubblica. Sappiatelo, la data di questo blog farà fede, e se mi ruberete l'idea verrò a tormentarvi in eterno, da vivo e da morto.

Per prima cosa, basta con le interpretazioni dei disegnatori.
Capisco, ognuno ha il proprio stile, siete tutti artisti, ma all'inizio di una serie, i personaggi devono essere uguali in tutti gli episodi. Il lettore popolare e occasionale, che è quello che cerchiamo, ODIA che il volto del suo amato eroe cambi di volta in volta. Non lo sopporta. Quindi, ci vogliono tanti disegnatori ma un unico stile con tanti saluti alle vostre velleità artistiche.

Secondo. Un team di autori ai testi.
Basta con le prime donne che scrivono tutto loro. Capisco ci sia da pagare il mutuo, ma spesso si scrive troppo velocemente per avere realmente delle buone idee. E all'inizio è davvero fondamentale. Con una "bibbia" del personaggio molto dettagliata e una supervisione come si deve (non come quelle che vedo fare) si può uniformare lo stile di diversi autori e trovare un compromesso. Vorrei un team di soggettisti e almeno un paio di sceneggiatori dalla stilografica tagliente.

Contenuti contemporanei.
Basta guardarsi l'ombelico. Il fumetto deve raccontare il fottuto mondo là fuori, non citare ossessivamente tutti i fumetti, i telefilm e i cartoni che hanno accompagnato la vostra crescita sociopatica. Bisogna avere il coraggio di dire cose forti, scomode, anche sbagliate, ma scioccanti. I brodini manieristi hanno fatto il loro tempo.

Ritorno alla serie regolare, magari divisa in stagioni, ma potenzialmente infinita.
Bisogna ridare ai lettori la speranza di una certezza. Bisogna dare il tempo alle idee di farsi largo, di crescere, ai personaggi di entrare nelle abitudini dei lettori. Si compra per abitudine e questo vale anche per i fumetti. Dobbiamo aspettare che il prodotto inizi a circolare sotto banco tra i ragazzini, meglio se osteggiato dai genitori e dagli insegnanti.
Un aspetto deflagrante che abbiamo scordato del fumetto è che era VIETATO. Questo gli conferiva un fascino irresistibile che pare irrimediabilmente perso.

L'ironia. Il fumetto deve divertire.
Divertire esprimendo anche la crudeltà e il cinismo della nostra società. Resto sempre dell'idea che manchi un nuovo personaggio cattivo nel fumetto italiano. Mi paiono tutti così stucchevolmente corretti.

Velocità di lettura.
Poche vignette, bei disegni, dialoghi forti e secchi. Ogni frase una stilettata, un aforisma da appuntare col sangue sul diario.

Una operazione editoriale multi piattaforma.
Non serve più rovesciare migliaia di copie in edicola, serve una organizzazione che agisca su più fronti: pubblicità virale sulla rete e non, pubblicazione del prodotto anche sulle nuove piattaforme, attirare l'attenzione dei media, creare una fitta rete di relazioni e contatti per instillare il prima possibile il nome del nostro nuovo eroe nelle testoline distratte dei compaesani. Gadget, tanti gadget capaci di essere usati e collezionati anche da chi non ha mai letto il fumetto.
E naturalmente c'è anche un ingrediente segreto che non vi rivelerò...

Ma questo, purtroppo resterà solo un sogno che non si realizzerà mai, perché nel nostro paese, ma non solo, manca la voglia di investire, sperimentare e soprattutto rischiare. Tutto questo appare lampante se un editore minore, la prima cosa che ti chiede quando gli presenti una serie è: "La voglio più bonelliana dei bonelli".



Aggiunta del 28 agosto.

Qualche GENIO! ha pensato che con "vietato" intendessi il porno.
Resto basito e allibito.
"Vietato" nello stesso modo in cui oggi, un genitore dice al figlio che non è bello giocare a "Call of duty" (giochino tacciato di indurre alla violenza).
"Vietato" come "mal visto dalla società degli adulti", non come porno. Ma come accidenti potete pensare che io voglia tornare a "Corna vissute"?

7 commenti:

  1. e mi sono letto tutto il post per arrivare alla fine e scoprire che c'è un ingrediente segreto: allora come faccio a fare un fumetto come dici tu? EH? Me lo spieghi??? Io ero già pronto a cominciare... disegnando le tavole direttamente senza nemmeno avere la sceneggiatura, lo storyboard... tutto tempo tempo perso. Eppoi vorrei sperimentare un nuovo modo di rappresentare i volti, che gli episodi disegnati da me si riconoscano subito in mezzo agli altri.... vorrei dare sfogo alla mia creatività! Ho capito bene, vero... me lo dici l'ingrediente segreto? Daaaaaaaaiiiii!... Poi se fai il bravo di pago la percentuale... 5‰... come alla Chiesa Cattolica:D

    Salut

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  2. Premessa: a me piace tutto il fumetto, indipendentemente dal luogo geografico in cui è prodotto. Detto ciò: ci si lamenta che dall'italica produzione sono spariti determinati "generi" e poi si vedono con sospetto i manga che della varietà di genere fanno la loro forza. Anche io preferirei che si producessero/vendessero più fumetti prodotti nel nostro Paese, perchè potenzialmente non siamo secondi a nessuno ma il punto è che, evidentemente, i giovanissimi trovano nei manga un linguaggio stilistico e tematico a loro affine. Sic et simpliciter. Io faccio parte di coloro che venti anni fa finanziava, acquistandoli, i primi manga pubblicati in Italia (escludiamo Candy Candy e Mazinger della Fabbri precedentemente, ok?). Parallelamente, non ho lesinato acquisti Bonelli e bonellidi, comics, bd. C'erano le riviste contenitore (Comic Art, Il Grifo, American Comics...). I manga non davano fastidio non solo perchè esigui numericamente ma perchè erano parte di un "tutto". Semplicemente, i gusti dei lettori sono cambiati e nel nostro mercato produttivo non si è riusciti a seguire il cambiamento. Vi sono dei cicli nel modo di "consumare" determinati media e il fumetto sottende a questa regola. Parimenti, i fumetti erotici Erregi ed Edifumetto prodotti fra la seconda metà degli anni '60 e la prima metà dei '70 erano tutt'altro che "monnezza" ("Jacula" resta un piccolo capolavoro). E se oggi resiste "Diabolik" prima c'erano Sadik, Jnfernal, Spettrus ... (con differenze qualitative enormi fra di essi, intendiamoci) Altra cosa, sfatiamo un mito. Le "miniserie" di cui oggi spesso si parla e la cui "ideazione" si attribuisce a Bonelli erano una concreta realtà già svariati decenni fa con editori come Tomasina (che nasceva come semplice stamperia) e che ha dato i "natali" editoriali a tante "miniserie" come "Tony Comet", "Tornado Roy", "i 3 della stella polare", "il piccolo capitano", giusto per citarne alcune, ed il cui personaggio di maggior lustro e durata fu il tarzanide "Akim". Questo per dire che dopo decenni, si è tornati alla formula delle miniserie. Quanto all'intervento interessante di Di Bernardo, sicuramente pone delle questioni di rilievo: personalmente non credo che le miniserie siano morte, ma forse di qualcuna non se ne sentiva il bisogno. Sicuramente è meglio avere a la possibilità di lavorare ripartendo il progetto a "stagioni" ma primariamente il fulcro deve essere un'idea, qualcosa da raccontare ai lettori e che li faccia appassionare. Specie se sei un piccolo Editore, non puoi "conformarti" al mercato ma pur con minor mezzi a disposizione, puoi provare ad usarne le potenzialità dimostrando che anche se usi carta riciclata o una stampa più povera, la tua forza è "l'idea" ed il modo in cui la racconti.

    Giuseppe Marinello

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  3. Ho cercato di rispondere e/o fare alcune osservazioni a quello che hai scritto. Fammi sapere

    http://straneideesulcervello.blogspot.com/2011/08/le-miniserie-fumetti-non-sono-morte-e.html

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  4. Ciao Mattia, la tecnica Renè, è facilmente deducibile da questa clip:
    http://youtu.be/M5ClgP70T9Y
    Il regista è Renè Ferretti (dal telefilm di Boris) e ha una precisa filosofia di lavoro :P

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  5. Posso solo aggiungere che... concordo con tutto quello che hai scritto. :)

    Hai ricevuto la mia mail di risposta?

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  6. ;););)...però anche Winx Mag è in crisi...

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