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martedì 24 gennaio 2012

Niente auguri, ma se proprio volete, fate il tifo per me.

Alla fine del primo tempo della mia vita, rientro negli spogliatoi.
E' il momento di tè caldo e di iniziare a tirare le somme. Le somme è meglio tirarle ora, perché non si sa mai se l'arbitro anticipa la fine della partita. Magari fischia per impraticabilità del campo e manda tutti a casa troppo presto.
La vita è come una partita di pallone, quando giochi non vorresti che finisse mai.
Per cui, è il momento di analizzare l'andamento della gara.
Tutta la vita del fumettista, minuto per minuto, con tutti i falli, le simulazioni, i goal e le azioni salienti di questi primi quarant'anni.

Anni settanta.
Il folle arbitro celeste fischia e mi ritrovo a nascere in una Firenze insanguinata dai Delitti del mostro, vicenda che deve avermi lasciato una specie di imprinting, se mi ostino a scrivere e disegnare di storie vergate di nero e rosso sangue.
Ero un bambino pingue e imbranato (non che oggi le cose siano migliorate, ma sono diventato più bravo a dissimulare), un piccolo Ugo Fantozzi in canotta macchiata di cioccolato. Una infanzia felice, o almeno così voglio ricordarla, fatta di sane sberle ma anche tanto affetto.


Anni ottanta.
Un trasloco, la mia pappagallina che muore, le scuole medie, il liceo artistico e nuovi amici che arrivano, la scoperta dei grandi amori della mia vita: i fumetti, il mistero, la radio. Le mie finte Nike e le finte Timberland, i vestiti di marca passatemi da mio cugino, quello bello, quello atletico, il figo della famiglia. L'esame di maturità dove la mia maturità non c'è. Un inutile anno integrativo, le trasmissioni a Radio Firenze, la patente, l'inspiegabile certezza che sarei morto entro l'89, le vacanze a Rimini, sempre con gli stessi amici e i miei che non volevano che disegnassi fumetti.

Anni novanta.
I corsi di grafica, il militare, la broncopolmonite per una guardia fatta in mezzo alla neve e la consapevolezza di aver buttato un anno nel cesso. La prima ragazza, il corso di fumetto alla Comics e la mia arroganza, quella di chi crede a vent'anni di essere Dio in terra. Riportare a casa gli amici ubriachi rischiando un colpo di pistola, poi i sogni di un giovane fumettista che sembrano realizzarsi troppo velocemente e che troppo velocemente si infrangono. Poi lavorare, lavorare, lavorare, con la rabbia dentro che ti spinge, perché non è giusto, perché devo farcela. Perché se non ci riesco mi guarderanno come un fallito e diranno: "Te l'avevo detto, che cazzo di lavoro è?"


Duemila.
E quindi ancora disegnare, disegnare, disegnare e non accorgersi che la vita passa e non la sto vivendo. Poi la grande occasione e disegnare, disegnare, disegnare per comprare la casa, per essere indipendenti. E disegnare, disegnare, disegnare, per pagare il mutuo. E quando gli editori non mi pagano vendersi i giocattoli dell'infanzia per comprare da mangiare. E raccontarlo ai propri genitori quando tutto è sistemato e vederli piangere. La vita che scorre sempre uguale a se stessa, ma se la vita è sempre uguale a se stessa non è più vita. E' morire. Morire dentro, morire a fondo ogni giorno che passa.

Duemiladieci.
E gli occhi che si riaprono. Una persona meravigliosa al proprio fianco che apre una breccia e fa entrare una luce che credevo spenta perché quella luce avevo scelto di ignorarla. Una persona che mi fa vivere un sogno talmente celestiale che sospetto davvero di essere morto nell'89.

Oggi.
L'arbitro fischia l'inizio del secondo tempo e torno in campo con la ferma convinzione che, poco prima dello scadere della partita, avrò ancora ossigeno per scartare tutta la difesa e insaccare un favoloso goal.
Allora e solo allora potrò uscire dal campo.
Felice.

domenica 22 gennaio 2012

Ancora sul fumetto seriale e le miniserie

Riprendo un argomento già affrontato QUI e QUI. Parliamo di serie a fumetti e miniserie. Quale strada è meglio seguire per il futuro? Tra i commenti del post ce ne sono un paio che necessitano di un approfondimento.

Federico dice: "All'oggi aggiungerei anche un altro fattore: il personaggio "ongoing", o meglio il suo carattere e la sua personalità, potrebbero incarnare quelli della casa editrice che lo pubblica."

E Roberto aggiunge: "Secondo me, un editore dovrebbe quindi pubblicare in parallelo sia miniserie che nuove serie potenzialmente "eterne". E infatti ero molto deluso anche della politica degli ultimi anni della SBE, che si è dedicata esclusivamente alle miniserie. Per fortuna è già annunciato da tempo un cambio di rotta."

Concordo con voi ma, banalmente, aggiungerei: "però, tra dire e il fare... etc etc".
Il guaio di creare una serie "ongoing" sta nel fatto che si tratta di un salto nel buio che può costare l'osso del collo. Da quando il primo numero esce, a quando l'editore ha i dati di vendita effettivi, passano circa sette mesi. Dico, sette lunghissimi mesi. Nel frattempo dal distributore all'editore vengono comunicate delle proiezioni che hanno più o meno il valore delle famose "bandierine di Emilio Fede", ovvero cifre di vendita che potrebbero essere molto distanti dai dati reali. Dopo sette mesi, l'editore avrà come minimo messo in produzione 7-8 numeri della serie, investendo una cifra pazzesca. Una cifra che porterebbe al fallimento un'azienda che non abbia altre testate capaci, perdonatemi il paragone tristemente attuale, di tappare la falla nello scafo. Ma poniamo caso che l'editore sia in grado di sopportare economicamente il fallimento di una testata. A quel punto cosa fa? Deve chiuderla, con relativa "onta" per la casa editrice, che da una parte avrà l'imperitura vergogna di aver sbagliato bersaglio e l'odio profondo di quei lettori che invece apprezzavano la serie. I lettori, poi, hanno una memoria elefantina. Ricordano e non perdonano questi tradimenti. Basta farsi un giro sui forum per rendersi conto di quanto livore provochi interrompere una serie. Oltretutto c'è la difficoltà da parte dell'editore di capire a priori se una testata sia valida oppure no. Non basta farla in modo professionale: il successo è un'alchimia incomprensibile e che avviene, per buona pace dei soloni dei comics, per puro caso.
Detto questo, però, resto dell'idea che sarebbe l'ora di riprovarci. C'è bisogno di sicurezze in quest'epoca in cui non si è più sicuri di nulla. Anche un personaggio, forte, positivo e sempre uguale a se stesso, fatto di carta e china, potrebbe essere una scialuppa di salvataggio per le nostre testoline sballottate dai venti della crisi.

sabato 21 gennaio 2012

Fumetto seriale o miniserie?

"All'oggi le due visioni sono molto più sfumate, cosicché acquistare un Dampyr mi permette di riprendere il filo di una storia mai interrotta, mentre leggere The Secret è come sfogliare un piccolo libro in cui l'eroe nasce, vive e muore, narrativamente parlando."
Questo brano è tratto da un bel post di Federico Marchionni che potete leggere QUI.

Personalmente ho espresso il Dibepensiero in questo post che ha suscitato un discreto dibattito e qualche sfottò. E' noto che si dileggia bene quando si hanno poche idee da proporre. Ma insomma, riepilogando, meglio fumetto seriale o miniserie? La differenza l'ha espressa benissimo l'amico Federico e a mio parere, servono entrambe: una o più serie "ongoing" con intorno delle miniserie satellite che condividano, possibilmente, lo stesso universo. Credo che le miniserie di 6-8 numeri, però, non siano molto seducenti per l'immaginario del lettore. Sì, oggi come oggi punterei a miniserie più lunghe, ma tra il dire e il fare, come è noto, c'è di mezzo il mare... e magari qualche scoglio a pelo d'acqua.

mercoledì 18 gennaio 2012

"Profumo di libertà" una nuova storia di Desdemona per Verticalismi.it

Oggi vi propongo una nuova storia breve de "L'Insonne" dal titolo "Profumo di libertà".
Testo di Federico Marchionni e disegni di maestro Rosario Raho.


E' la dimostrazione che dei professionisti possono fare un fumetto solo per il gusto di condividere con i lettori le proprie emozioni.
Per carità, il lavoro è lavoro. E' sacro (soprattutto per chi ci controlla), bisogna campare e l'Italia è una Repubblica (af)fondata sul lavoro, ma in qualche caso (ho detto "in qualche caso", non rompetemi con i pipponi sul lavoro del fumettista) forse sono proprio le storie fatte "no-profit" ad essere le più emozionanti.
Le più vere, quelle che ci danno, appunto, un "Profumo di libertà".


Un grande "BRAVO" agli autori e ai lettori che parteciperanno ancora a qualche minuto di vita di Desdemona.

Per leggere la storia, cliccate QUI.

martedì 17 gennaio 2012

Pare che anche i topi abbiano abbandonato la nave dopo di lui...



Non è che uno si apetta per forza James Tiberius Kirk...



...ma anche Capitan Findus si sarebbe comportato meglio.

Passaparola e sincronicità a fumetti

L'amico Paolo Franceschetti, avvocato e massimo esperto di "delitti esoterici", mi ha raccontato un aneddoto che gli è capitato e che riguarda un piccolo evento sincronico e fumettistico che voglio condividere con voi.

Dice Paolo: "Ieri sono andato a cena da una mia amica che ha due figlie, una di 18 e una di 15 anni. Per queste bimbe sono una specie di eroe, quella di diciotto anni si interessa alla massoneria da quando aveva 15 anni sentendosi le mie conferenze e appassionadosi a tutto ciò che faccio. Sono tutte e due appassionate di fumetti allora gli ho portato il numero 3 di The Secret dove citi il mio blog. Tempo fa loro mi hanno prestato una serie completa di manga giapponesi di una serie che si chiama Theat note, ove in copertina cìè sempre il simbolo dei rosacroce e che parla di una società segreta che si chiama "Alba" ecc... Insomma questo per inquadrarti le tipe.
Dopo qualche minuto è entrato un mio amico, un ex avvocato ora insegnante di yoga, anche lui adorato da queste due bambine. Lui è ancora un lettore di fumetti e con queste bimbe parlano sempre di fumetti, se li scambiano, ecc...
Entrando ha detto "ragazze vi ho portato un fumetto fantastico... vedrete che questo è bellissimo... ci sono tutte le cose di cui parla Paolo ed è proprio fatto bene..."
Tutti gli 8 numeri di The Secret. :-)"

lunedì 16 gennaio 2012

Auguri, Desdemona!

17 gennaio 1984. In questa data, come i lettori de "L'Insonne" ricorderanno, abbiamo fissato la data di nascita di Desdemona.
E quindi, auguri.


Ma perché, proprio il 17 gennaio?
Non è un caso, ovviamente.
Questa data ha un preciso significato all’interno della tradizione esoterica e come sapete, io, nel "pensiero magico" ci sguazzo.
Il 6 gennaio, giorno dell’Epifania, ovvero della "manifestazione", corrisponde al 17 gennaio a causa della correzione introdotta dalla riforma Gregoriana, che fece saltare i calendari di 11 giorni in avanti. Questo, ha fatto acquistare alla data del 17 gennaio, una valenza simbolica molto forte: se, infatti, l'Epifania del 6 gennaio rappresenta la manifestazione del divino nel mondo, l’Epifania occulta del 17 gennaio rappresenta il suo opposto, ovvero una manifestazione del divino solo per gli iniziati.
Comunque l'importante è che nessuno dica che Desdemona è una BEFANA.
Ma non solo. Il 17 gennaio ricorre continuamente nel mistero di Rennes Le Chateau, un luogo molto "caro" a Desdemona. In quella data, ogni anno, compaiono nella chiesetta francese, le famose “mele blu”, le luci proiettate su un muro da una vetrata, che vanno ad indicare chissà quale mistero.
Il 17 gennaio 1917 Berenger Sauniere viene colpito da emorragia cerebrale, mentre il 17 gennaio del 1967 viene pubblicato il “Le serpent rouge”, un misterioso libretto che pare sia legato all’enigma, e che ha visto i suoi tre autori morti subito dopo la pubblicazione.


Poi c'è un altro aspetto interessante.
Desdemona è del Capricorno. Beh, la zucca dura ce l'ha indubbiamente, se dopo quasi vent'anni è ancora qui a tormentarvi senza dare l'impressione di voler mollare. Personalmente non trovo molto interessante l'astrologia e le preferisco di gran lunga l'Angelologia, una teoria antichissima che affonda le sue radici nella Qabbalah. Gli angeli non sarebbero come che tutti immaginano, ovvero alati, paffuti o ermafroditi, ma sarebbero simboli che corrispondono alle categorie del destino. Sarebbero qualcosa di simile alla "vocazione" che nella vita ognuno ha. Il calendario è suddiviso in 72 angeli, ognuno dei quali rappresenta una inclinazione, una strada, un comportamento che chi nasce in quel giorno seguirà istintivamente. Una disciplina più complessa, antica e affascinante di un banale oroscopo.
Così, con la curiosità del “non ci credo ma ci spero” di Dylandogghiana memoria, sono andato a vedere cosa corrispondeva al 17 gennaio, la data di nascita di Desdemona.
Ed ecco cosa ho scoperto.

MITZRAEL
Significa: Dio che solleva gli oppressi. La giustizia è spesso ingiusta e la Giustizia Divina viene in soccorso a compensare gli errorin della giustizia umana. I nati dal 16 al 20 gennaio ricevono questi doni: carattere socievole, spirito altruista. Capacità di consigliare, di confortare e difendere i deboli.


L’idea di una “giustizia ingiusta” è portante nelle avventure di Desdemona, dove quasi mai l’eroe vince pianamente. Anche il carattere mi pare calzi a pennello per una DJ-detective che da consigli via radio e difende i deboli.

sabato 14 gennaio 2012

La prima classe costa mille lire...

Chi mi conosce sa che sono suscettibile alla sincronicità.
Devo ammettere che più faccio caso alla sincronicità e più noto "eventi sincronici", sia nella vita di tutti i giorni, sia nel mondo che mi circonda.

Cronaca.
Come saprete, una nave da crociera sta affondando all'isola del Giglio. Una tragedia.

Economia.
Standard&Poor abbassa il rating di qualche nazione europea, compresa l'Italia. L'Euro affonda.

Sincronicità.
La nave che sta affondando si chiama "Concordia". Il suo nome fa riferimento all'unità e alla pace fra le nazioni europee. I suoi tredici ponti hanno i nomi di altrettanti stati europei: Olanda, Svezia, Belgio, Grecia, Italia, Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo, Francia, Germania, Spagna, Austria e Polonia.

Non ci vedete una "coincidenza" davvero inquietante? L'accordo (la concordia) tra i paesi europei affonda senza scampo. E' una coincidenza che siamo anche al centenario dell'inabissamento del Titanic?



Le coincidenze non esistono. Siamo i filamenti di una tela preziosissima che chiamiamo vita. Ma guardando dal punto in cui ci troviamo non possiamo osservarla in tutta la sua perfezione e bellezza. Ci sembra tutto caotico e casuale, ma non è così. Ogni singolo filamento è perfetto, utile ed indispensabile e c'è un rigoroso ordine secondo il quale quei filamenti devono intrecciarsi e allontanarsi per costituire la tela. Basta allontanarsi, guardare da più lontano e si percepisce il senso di tutto.

E poi, porco mondo, c'è la simbologia. Il "giglio", i tredici ponti, la somma teosofica della data che ci regala un bell'11 che simboleggierebbe "fare giustizia" secondo alcuni ordini occulti. Do i numeri?
Aspettate non ho finito. Ma non è che per caso, i "sacrifici" di cui parlava il nostro ministro lacrimante erano "sacrifici umani"? Perché negli ultimi mesi, tra vicende di cronaca nera, stragi e disastri, sono state mietute un sacco di vittime.

No, perdonatemi. Ora prendo la pillolina che mi hanno prescritto e torno al lavoro. Bravo e buono al mio tavolo da disegno...
Pss... Pss... se spostate il mobiletto del mio studio, vedrete che bel disegnino ho realizzato appiccicando le pillole colorate sul muro.

Orchestrina di pennelli e matite

A volte ho la netta impressione che il fumettomondo si comporti come l'orchestrina del Titanic.
Tranquilli, non c'è da preoccuparsi. E' solo l'impressione di un paranoico.

Intervistona su Undiciradio

Quando la radio chiama, rispondo sempre: "Presente!"
Se avete voglia ascoltatevi l'intervista su Undiciradio. Il mio intervento arriva a metà, ma tutta la trasmissione è molto divertente. Si parla di Diabolik, The Secret e L'Insonne.
Un grazie speciale a Renato e alla preparatissima Redazione di Comics Noise!

Vai all'intervista.

sabato 7 gennaio 2012

Una vita da mediano del fumetto

Che poi, uno vorrebbe pure uscire, godersi il sole, farsi una passeggiata, andare a cena dagli amici che gli propongono polenta e salciccie, ma purtroppo sono ancora inchiodato qui, a smaltire i batteri donati da un untore sulla linea Lecce-Bologna. Quindi, per evadere un po' dalle tavole diabolike che sforno giornalmente, non mi resta che ammorbarvi con i miei pensieri e i miei ricordi. Come un nonno catarroso davanti al caminetto.

Vi ho mai raccontato della prima volta che ho mostrato i miei disegni ad un professionista?
Nel lontano 1989, mi pare alla fiera dell'illustrazione per bambini di Bologna, presentai un improbabile book pieno di disegnacci orridi a Claudio Nizzi.
Io non avevo bene l'idea di quello che stessi facendo. Mi sentivo molto figo, tutti gli amichetti del liceo mi dicevano che ero bravissimo a fare fumetti ed immaginavo che di lì a poco avrei sfondato.
Ricordo che Nizzi aprì il raccoglitore ad una pagina a caso, guardò l'immagine per pochi secondi e lo richiuse immediatamente dicendomi: "Siamo lontani."
Aveva visto un disegno su 30, ma gli era bastato.
Fu una cinghiata nei denti, ma contemporaneamente un grande stimolo.
Una specie di selezione all'ingresso nel mondo del fumetto: se vuoi partecipare al balletto preparati a molto peggio.
Non ho mai avuto occasione di farlo di persona, ma vorrei davvero ringraziarlo.
Quello sganassone simbolico, quell'umiliazione davanti all'amico che mi accompagnava, mi svegliò e mi ha dato il carburante per arrivare fino a qui.
Io non credo di avere molto talento.
Vedo continuamente disegnatori in erba, anche ragazzi che vengono alla scuola del fumetto, che hanno doti che io non avrò mai. Faccio fumetti grazie alla forza di volontà. Sono come uno di quei calciatori che giocano davanti alla difesa. Un rude mediano. "Nato senza i piedi buoni, lavorare sui polmoni", cantava Ligabue. Non lo dico con falsa modestia e senza invidia per chi il talento ce l'ha. Anzi, quando trovo qualche disegnatore talentuoso, quasi mi commuovo e faccio di tutto per aiutarlo.
E quindi? Si chiederanno i miei giovani lettori? Qual'è la morale di questo post?
La morale è duplice. Primo, se vuoi fare davvero questo mestiere, impegnati, perché ce la puoi fare anche tu. Per provartelo ti fare vedere i miei disegni dell'epoca ma preferisco non postarli. Ho ancora un briciolo di dignità. Secondo, se hai talento, impegnati lo stesso, anzi, impegnati di più, per rispetto verso chi il talento non ce l'ha e s'è sbattuto una vita lottando con i pennelli e diventando cieco come Ugo la talpa.


E ora, visto che non lo faccio mai, beccatevi un po' di matite del mio prossimo Diabolik.






N.B.
Le tavole non le ho messe per farmi fare i complimenti, quindi facciamo come se fosse e bando ai convenevoli.

venerdì 6 gennaio 2012

Quando gli Dei del fumetto camminavano tra gli uomini

Come molti della mia veneranda età, sono cresciuto a pane e Dylan Dog. Quando facevo "forca" (uso questo termine perché, rispetto al contesto, mi pare più adatto di "marinare la scuola"), non lo facevo per le ragazzine, ma per leggere Dylan. Provavo un'emozione che non ho mai provato per altre letture. Una emozione tattile, olfattiva e visiva irripetibile. Infatti, se oggi mi chiedete chi sia il mio autore preferito, rispondo senza indugiare: Tiziano Sclavi.
Dietro la figura del creatore de “l'indagatore dell'incubo”, c'era molto mistero. Ricordo che non c'erano foto che lo ritraessero e la sua figura era sfuggente come i fantasmi di cui raccontava. Per vederlo e sentirlo parlare ho dovuto aspettare oltre vent'anni. Proprio in questi giorni mi sono imbattuto in una sua interessante intervista caricata su youtube e una riflessione: la sovraesposizione degli autori di fumetto, che abbiamo grazie alla rete, è utile o controproducente? Blog, social network. Gli autori di fumetto, non solo gli emergenti, ma anche quelli che sono emersi da un bel pezzo, si concedono al bagno di folla dialogando e spesso litigando con i lettori. L'amico Massimiliano Guadagni mi dice spesso che "gli dei sono scesi dall'olimpo". Per lui è un male, perché si perde l'aspetto mitico di chi ti regala i sogni. I sogni vengono dal mondo delle idee, e lì devono restare confinati anche chi le idee le genera?
Visto che i fumettisti non possono contare su un ufficio stampa, è logico che si auto promuovano e lo facciano con ogni mezzo. C'è chi usa la rete solo per informare del proprio lavoro, chi scrive anche delle proprie passioni extra fumetto, chi approfitta di ogni discussione per entrare a gamba tesa e provocare una bella zuffa virtuale, perché si sa, che gli strepitii fanno audience.
Insomma, un dubbio mi attanaglia: per un autore, è meglio concedersi e scendere in piazza, oppure, come facevano i grandi dei tempi andati, lasciarsi avvolgere dal mito?
Ai posteri...

martedì 3 gennaio 2012

Faccia da (fumet)tolla



Oggi ho letto leggo l'acido commento di un tizio alla conferenza di presentazione di "The Secret". Il commento recitava:

"questo fumetto è come voyager e mistero, prendi degli argomenti interessantissimi e veri e li sputtana agli occhi di tutti facendoli sembrare vere e proprie cazzate.."

Vabè, ci sono abituato, penso. Trollolandia, ovvero la rete, pullula di questi fustigatori dai molti avatar, anzi, il fumetto, rispetto alla musica, per esempio, vive su un'isola felice. Però, purtroppo, io tendo ad essere permalosetto con questi personaggi che, nascondendosi dietro l'anonimato, vomitano bile su chi invece ci mette la faccia. Andrebbero ignorati, ma non sono ancora diventato così saggio. Ci sto lavorando, non temete.
Per questo, con garbo, replico:

"(...) Questo era il nostro obbiettivo: gettare dei semi di consapevolezza e portarli tra chi non è "cultore" di questi argomenti. La tua acredine personale mi appare incomprensibile e preconcetta. Te lo sei letto, almeno?"

Il nostro severo censore spiega:

"Io ce l'ho il primo e il secondo numero, cartacei. Mi potresti definire come un praticante che di boxe che vedendo rocky, dice: 'Questa roba non è boxe'. non ci vedo niente di strano o anomalo, ciao!"

"Ah... ho capito" penso, un "praticante". Si tratta certamente di uno dei tanti "esperti" di tematiche "occulte" convinti di avere la verità in tasca. Ne ho visti tanti, ultimamente, ma continuano a darmi sui nervi. Hanno passato gli ultimi 3-4 anni ad ascoltare le conferenze in rete (probabilmente tra un porno e l'altro) e ora fanno i maestrini del mondo esoterico.
Pace.
Sto per considerare la faccenda chiusa, ma poi, per mia sfortuna, mi imbatto in un nuovo commento del nostro amico su un altro video di matrice "misteriosa".
Il nostro nuovo eroe scrive:

"e pensi che gli sceneggiatori di videogiochi,fumetti e film non prendano le notizie dalla realtà? io sto cercando di intraprendere lo stesso mestiere e dalla necessità di conoscere la verità nasce anke la necessità di trasmetterla agli altri attraverso le storie, te lo garantisco. Nessuna bella storia è basata sulla fantasia dell autore, ha sempre un fondamento di verità..e spesso è proprio la parte piu assurda e meno realistica."

Questo cambia le carte in tavola e inizio a innervosirmi di nuovo.
"io sto cercando di intraprendere lo stesso mestiere"
Come, come? Che mestiere? Magari lo sceneggiatore o il disegnatore di fumetti? Se posso darti gratis un suggerimento, se fossi in te inizierei evitando di scrivere con la "k" e curerei un po' la punteggiatura. La forma conta. La forma è sostanza.

"e dalla necessità di conoscere la verità nasce anke la necessità di trasmetterla agli altri attraverso le storie, te lo garantisco."
Quindi, il nostro amico, sostiene che chi si interessa di "certi argomenti" sente il bisogno di raccontarli agli altri attraverso, ad esempio, i fumetti... mestiere che anche lui sta cercando di intraprendere.

Insomma, se lo fai tu (nei tuoi sogni, ovviamente) va bene, ma se lo faccio io con The Secret "sputtano" gli argomenti.

Che faccia da tolla.

E non temere. Quando mi presenterai un progetto, ti riconoscerò.
E come farò, visto che ti nascondi dietro un avatar?
Userò qualche magia, quelche potere ultraterreno? Chiederò aiuto ai confratelli o alla CIA?
No.
Ti riconoscerò da come stupri l'italiano.

Dagli all'untore!

Sarà capitato a ognuno di voi, miei giovani lettori, di fare un lungo viaggio in uno di quei periodi dell'anno in cui le genti italiche migrano verso i paesi di origine, quindi sapete bene quanto sia difficile spostarsi in quelle circostanze.
I treni somigliano incredibilmente a vagoni per il trasporto bestiame e lo spazio vitale destinato all'umano viandante diminuisce fino al lumicino. Capita quindi, di trovarsi troppo, troppo, troppo vicino alla famigliola che consuma panini farciti con frittata, ai bambini che cantano a squarciagola i jingle della pubblicità in voga, o più semplicemente alle gambe del tizio che vi siede di fronte e che crede di trovarsi su una sdraio di Riccione.
Ma cosa accade se una di queste transumanse migratorie avviene nei giorni di picco dell'influenza stagionale?
Dopo quello che ho visto nel mio ultimo viaggio, ho capito perché un ceppo di tale malattia virale viene chiamato suina: perché è capace di mutare gli esseri umani in maiali, ecco perché. Un po' come la Circe, ma con molta meno classe. Ma vediamo come sono andati i fatti, miei giovani lettori.

La cronaca

Me ne tornavo da un accogliente paesino della Puglia, salii sul treno intorno all'ora di pranzo e come se una silenziosa campanella avesse suonato ad annunciare l'inizio delle libagioni, la gran parte dei passeggeri aveva estratto dalla capienti sacche, ogni tipo di alimento. Non sembrava più un vagone, ma una trattoria. "Una margherita al 18!" Mancavano solo i camerieri.
Comunque mi feci strada fino al posto prenotato scoprendo con sorpresa che il sedile accanto al mio era incredibilmente libero. L'anno nuovo iniziava davvero alla grande, così accesi il mio micro pc, convinto che le numerose ore di viaggio mi avrebbero ispirato memorabili pagine di sceneggiatura.
Fu allora che lo vidi.
Veniva verso di me. Procedeva nel corridoio ondeggiando.
L'occhio vitreo, saggiamente nascosto dai Ray-Ban, lo immaginai vuoto, spento. In un primo momento non capii che ormai era solo un contenitore. Il giovane ospite della "creatura".

Mi chiese se il posto accanto al mio fosse libero. Bestemmiai tra me e me, poi, con il sorriso più falso del pianeta, gli feci spazio per accomodarsi.
Era alto. Una specie di zombie cestista inquieto. Si muoveva senza tregua, ansimava, sgomitava, stendeva gli arti inferiori compulsivamente. Grugniva. Un cafone rompicoglioni che mi piantava continuamente il gomito nel fegato.
Solo un vicino fastidioso?
No, c'era di peggio e lo avrei scoperto ben presto.

Fu dopo un'oretta di viaggio che ebbi i primi sospetti di quello che era veramente. Successe quando l'occhiale da sole si abbassò a scoprire un occhio bovino rosso e umido. Sofferente.
Lo zombie gigante ricevette una telefonata alla quale rispose con un filo di voce flebile.
Ne registrai solo poche frasi, tra le quali c'era quella che mi scoperchiò il vaso di Pandora:
"Sì, ho ancora la febbre".
Un untore.
Un maledettissimo untore mi stava respirando vicino. E visto che non si trovava in un'altra provincia era dannatamente troppo vicino.
Restava il dubbio: di che tipo di germe era vettore? Raffreddore? Vaiolo? Sars? Ebola? Peste tibetana?
Non lo potevo sapere e mentre la creatura mi ansimava accanto, non riuscivo a smettere di pensare al flaconcino di gel disinfettante che tenevo nella valigia. Avessi potuto glielo avrei fatto ingerire. Tutto. Senza aprirlo.
No, non è che sono ipocondriaco... E' che ci tengo solo alla salute. Chi mi conosce sa anche che mi prodigo in consigli degni di un erborista. Ok, ok, d'accordo... sono anche ipocondriaco. Non si può essere perfetti.
Ma torniamo ai fatti.

Il non(per ora)morto ricevette una nuova telefonata.
Allungai l'orecchio, avido di conoscere maggiori dettagli sullo stato di salute dell'appestato. E la risposta arrivò, in tutta la sua drammatica semplicità, racchiusa in un nome di sette lettere che mi prospettava un futuro estremanente doloroso.
Il padre della creatura, dall'altro capo del telefono chiedeva apprensivo:
" L'hai preso l'IMODIUM?"
Una immagine proveniente dal prossimo futuro si fece largo nella mia mente. Mi vidi seduto su un trono fatto di ceramica e firmato Richard Ginori, dolorante e impegnato a bestemmiare contro lo sconosciuto che mi aveva appestato.

"Imodium, Lopemid, Dissenten. La loperamide, commercialmente disponibile come cloridrato, è un farmaco con spiccata attività antidiarroica, in particolar modo si tratta di un antipropulsivo."

Aveva la SCAGAZZA.
Era un portatore malato di strizzoni intestinali.
Una loffa perpetua al color di cioccolato.

Dopo quattro interminabili ore, il focolaio batterico umano, scese dal treno, rilassato, lasciandomi con il volto terreo e la nausea, mentre tutti intorno a me tossivano e starnutivano.
Se questo sarà il mio ultimo post, sappiate che vi ho voluto bene, ma solo a quelli non infetti, però.