Erano davanti ai loro specchi luminosi, abbagliati da quello che vedevano.
Rabbiosi perché sapevano di essere in trappola e non volevano ammetterlo.
Consci che le loro lancette stavano per concludere il giro e avevano sprecato la loro vita. In un modo o nell'altro.
Per questo erano furenti.
Per questo si odiavano l'un l'altro, perché preferivano proiettare le loro sconfitte negli occhi dei loro simili, piuttosto che accettarsi pienamente.
Avevano creduto che la felicità fosse un diritto, ma erano stati imbrogliati.
Nessuno gliel'avrebbe regalata.
Non ci sarebbero stati doni di natale sotto l'albero oscuro dell'esistenza.
"Si ha solo quello che realmente si desidera", era la legge sconosciuta di quell'universo. L'autocommiserazione aveva un sapore dolciastro a cui non sapevano rinunciare. Molti riuscivano a vivere solo nutrendosi di questo nettare oleoso che gli umani chiamavano sofferenza ed alimentando chissà quale parassita psichico che la scienza chiamava psicosi.
E gli specchi luminosi davanti alle quali passavano le loro ore migliori, servivano proprio a questo: a proiettare all'infinito le immagini distorte del loro essere. Cani impazziti e rabbiosi che abbaiano in cerca della felicità. Come le malattie si trasmettevano attraverso il contatto fisico, l'odio diventava pandemico attraverso gli specchi luminosi.
Ma la felicità è solo uno stato mentale.
Fu così che uno di questi inconsapevoli schiavi si alzò, prese lo specchio luminoso e lo spaccò in mille pezzi.
E finalmente, nel silenzio, si sentì un po' più felice.
... e rompere uno specchio luminoso non porta sfortuna.
RispondiEliminaquasi mi ha commossa... Bellissimo <3
RispondiEliminaMa grazie! :)))
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