Come sapete, da qualche anno, la prassi dei grandi editori italiani di fumetto è puntare su miniserie auto conclusive. Una pratica che io stesso ho sposato ma che oggi mi sento di mettere in discussione, perché per me
le miniserie a fumetti sono morte.
Almeno questo è il mio modestissimo parere e vorrei, in tre parole, spiegarvi il mio punto di vista.
Questo pensiero ferale si agitava dentro di me da diverso tempo e ha preso corpo come un ectoplasma in una notte di San Marino parlando con l'amico Mario Taccolini.
Come dicevo, da anni ormai si punta su miniserie di pochi episodi sperando di interessare il lettore italiano, sempre più stanco, annoiato e distratto, proponendo sempre nuovi personaggi, nella speranza che prima o poi uno di questi eroi sia la svolta di un mercato in evidenti difficoltà. Ma questo non succede. Perché? Che accidenti stiamo sbagliando?
Il lettore non frequenta più l'edicola. Quei gabbiotti pieni di cartaccia sono stracolmi di offerte di ogni tipo.
Il costo degli albi è troppo BASSO per ricevere la spinta dell'edicolante che ha un ricavo irrisorio. Questo provoca che le testate che non appartengono ai grandi editori e che hanno quindi tirature limitate, non riescono ad emergere.
Gli albi a fumetti non possono permettersi la pubblicità, non possono farla perché i costi di un passaggio televisivo, ad esempio, sono spropositati per i magri guadagni di un fumetto.
La qualità non influenza le vendite. Ci credereste? Io non credevo alle mie orecchie quando un importante editore italiano mi diceva che il suo pluripremiato fighissimo eroe vendeva la stessa cifra della fetecchia fatta con la "tecnica René". I lettori erano praticamente gli stessi. Pochi.
Quindi, l'unico modo che ha una serie a fumetti di sfondare è quello del passaparola, ma il passaparola necessita di moltissimo tempo. Anni. Con miniserie di 6 episodi bimestrali non si va da nessuna parte.
La mia ricetta...
Non so se qualche editore di buon cuore mi darà questa possibilità, ma ho messo a punto una ricetta che voglio rendere pubblica. Sappiatelo, la data di questo blog farà fede, e se mi ruberete l'idea verrò a tormentarvi in eterno, da vivo e da morto.
Per prima cosa, basta con le interpretazioni dei disegnatori.
Capisco, ognuno ha il proprio stile, siete tutti artisti, ma all'inizio di una serie, i personaggi devono essere uguali in tutti gli episodi. Il lettore popolare e occasionale, che è quello che cerchiamo, ODIA che il volto del suo amato eroe cambi di volta in volta. Non lo sopporta. Quindi, ci vogliono tanti disegnatori ma un unico stile con tanti saluti alle vostre velleità artistiche.
Secondo. Un team di autori ai testi.
Basta con le prime donne che scrivono tutto loro. Capisco ci sia da pagare il mutuo, ma spesso si scrive troppo velocemente per avere realmente delle buone idee. E all'inizio è davvero fondamentale. Con una "bibbia" del personaggio molto dettagliata e una supervisione come si deve (non come quelle che vedo fare) si può uniformare lo stile di diversi autori e trovare un compromesso. Vorrei un team di soggettisti e almeno un paio di sceneggiatori dalla stilografica tagliente.
Contenuti contemporanei.
Basta guardarsi l'ombelico. Il fumetto deve raccontare il fottuto mondo là fuori, non citare ossessivamente tutti i fumetti, i telefilm e i cartoni che hanno accompagnato la vostra crescita sociopatica. Bisogna avere il coraggio di dire cose forti, scomode, anche sbagliate, ma scioccanti. I brodini manieristi hanno fatto il loro tempo.
Ritorno alla serie regolare, magari divisa in stagioni, ma potenzialmente infinita.
Bisogna ridare ai lettori la speranza di una certezza. Bisogna dare il tempo alle idee di farsi largo, di crescere, ai personaggi di entrare nelle abitudini dei lettori. Si compra per abitudine e questo vale anche per i fumetti. Dobbiamo aspettare che il prodotto inizi a circolare sotto banco tra i ragazzini, meglio se osteggiato dai genitori e dagli insegnanti.
Un aspetto deflagrante che abbiamo scordato del fumetto è che era VIETATO. Questo gli conferiva un fascino irresistibile che pare irrimediabilmente perso.
L'ironia. Il fumetto deve divertire.
Divertire esprimendo anche la crudeltà e il cinismo della nostra società. Resto sempre dell'idea che manchi un nuovo personaggio cattivo nel fumetto italiano. Mi paiono tutti così stucchevolmente corretti.
Velocità di lettura.
Poche vignette, bei disegni, dialoghi forti e secchi. Ogni frase una stilettata, un aforisma da appuntare col sangue sul diario.
Una operazione editoriale multi piattaforma.
Non serve più rovesciare migliaia di copie in edicola, serve una organizzazione che agisca su più fronti: pubblicità virale sulla rete e non, pubblicazione del prodotto anche sulle nuove piattaforme, attirare l'attenzione dei media, creare una fitta rete di relazioni e contatti per instillare il prima possibile il nome del nostro nuovo eroe nelle testoline distratte dei compaesani. Gadget, tanti gadget capaci di essere usati e collezionati anche da chi non ha mai letto il fumetto.
E naturalmente c'è anche un ingrediente segreto che non vi rivelerò...
Ma questo, purtroppo resterà solo un sogno che non si realizzerà mai, perché nel nostro paese, ma non solo, manca la voglia di investire, sperimentare e soprattutto rischiare. Tutto questo appare lampante se un editore minore, la prima cosa che ti chiede quando gli presenti una serie è: "La voglio più bonelliana dei bonelli".
Aggiunta del 28 agosto.
Qualche GENIO! ha pensato che con "vietato" intendessi il porno.
Resto basito e allibito.
"Vietato" nello stesso modo in cui oggi, un genitore dice al figlio che non è bello giocare a "Call of duty" (giochino tacciato di indurre alla violenza).
"Vietato" come "mal visto dalla società degli adulti", non come porno. Ma come accidenti potete pensare che io voglia tornare a "Corna vissute"?