C'era una volta...
"Un re!" diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato.
C'era una volta un distributore...
Ho sentito tante strane storie intorno ai distributori da edicola e oggi vorrei condividerle con voi, perché inizio a vedere un fil rouge che unisce tutte queste vicende distinte. Ma io sono un complottista e i complottisti, secondo il buon senso comune, non sono da prendere seriamente in considerazione.
Quello che sto per scrivere lo pesco dalla memoria.
Ometto i nomi e probabilmente dirò delle inesattezze, essendo un autore e non un
editore. Nel caso, correggetemi o dite la vostra. Io non ho la pretesa di conoscere la verità e vorrei che questo post fosse l'occasione per chiarire uno degli aspetti più influenti nella sopravvivenza del fumetto popolare e delle serie a fumetti alternative. Serie a fumetti che non sono solo il sogno di un autore ma il lavoro di tante persone.
Cominciamo.
La storia inizia anni fa, quando due editori distinti, in momenti distinti, 1995 e 2000 mi dissero la stessa cosa: "Il distributore nazionale Pincopallino gonfia i dati delle proiezioni sulle vendite del primo numero, in modo che l'editore sia invogliato a stampare di più. Sai, il distributore ha un guadagno anche dalle rese, per questo la sorpresa poi arriva con i dati definitivi... dati che sono più bassi del previsto e l'editore si trova a dover mandare al macero la maggior parte degli albi. E si svena per saldare i conti col distributore."
In un altro caso gli scatoloni con le rese arrivavano "truccati".
Sotto un paio di strati "regolari", con le rese giuste, si trovava di tutto: giornali, riviste, addirittura mattoni.
Tanto chi si metteva a controllare centinaia di scatoloni con 60.000 albi in resa?
Passano cinque anni e un altro editore mi racconta, impotente, un altro fatto incredibile: "Sai... ci sono tornati gli scatoloni con le rese. Avevano ancora i sigilli della casa editrice."
Cosa voleva dire?
Semplice: che non erano mai stati distribuiti.
C'era da portare tutti in tribunale, ma il piccolo editore non voleva saperne. Una causa contro un colosso della distribuzione come Pincopallino lo avrebbe rovinato. E preferiva sopravvivere.
E poi, come si faceva a capire di chi fosse la colpa? Pincopallino si affidava a distributori locali. Era lì, localmente, che accadevano quelle cose.
Poi, recentemente, è arrivato il reso immediato.
Di che si tratta? In pratica gli edicolanti avevano la facoltà di rimandare subito indietro il prodotto fumetto insieme alla merce non vendibile. Gli edicolanti festeggiarono perché potevano avere subito del contante dal distributore, ma alla lunga, questa pratica li ha privati del materiale da vendere.
Ora, il reso immediato non c'è più, ma a quanto pare resta la consuetudine di rimandare indietro il materiale, non solo cose che non possono essere vendute, ma anche pubblicazioni che non considerano vendibili.
L'editore, tra l'altro, ha difficoltà a raggiungere l'edicolante per promuovere il suo nuovo prodotto, perché nella maggior parte dei casi, l'edicola non è informatizzata. L'unico modo è attraverso delle circolari. Peggio potrebbe andare solo con la posta pneumatica.
Era la fine degli anni '90, quando andai a parlare con un distributore nazionale romano. Tra le tante cose che mi disse, una mi rimase impressa in testa: mediamente, il primo numero di un fumetto, dovrebbe vendere il 25% dello stampato, perché viene "polverizzato" sul territorio. Questo vuol dire che viene mandato più o meno a caso nelle edicole dello stivale. Tenete a mente questo dato. Ci torneremo.
Oggi, a giudicare da quello che si legge in rete, se certi dati sono corretti, c'è da fare una riflessione: perché prodotti diversi, di editori diversi, venderebbero in edicola sempre, più o meno la stessa cifra?
Stampano più o meno la stessa quantità di copie (abbastanza, in linea teorica, per distribuire una copia per ogni punto vendita anche se ritengo la cifra un po' troppo bassa), stampano storie diverse, con tipografie diverse, di autori e generi diversi, eppure, a quanto si dice, la cifra di venduto è sempre quella. Cinquecento più, cinquecento meno.
Io, che come dicevo sono uno spregevole complottista, ho un sospetto.
Un sospetto e nessuna prova, sia chiaro, ma spero che questo post serva proprio a spingere qualcuno a controllare (e magari, quel qualcuno si sta già organizzando).
Forse i distributori locali sono oberati di prodotti? Prodotti di ogni tipo e molto più costosi dei tre euro di un fumetto. Prodotti di grandissimi colossi dell'editoria. Colossi che in nome della loro storia e della quantità di libri e riviste che stampano, hanno diritto al loro posto sui camion che fisicamente distribuiscono la carta stampata (e tutti gli allegati vari).
Facciamo una ipotesi, una fantasia... immaginiamo che sui camion di un distributore locale non ci sia abbastanza spazio per tutti.
C'è la crisi, l'editoria non va bene, i costi sono alti e di certo non è che ora può comprarsi cinque camion in più per far contenti quei fessacchiotti dei comics.
Allora cosa fare?
Bisogna fare una scelta.
Qualcuno deve restare fuori.
Tipo le scialuppe del Titanic.
E secondo voi, tra i prodotti dove il margine di guadagno è buono perché il prezzo di copertina è alto, tra i prodotti degli editori più importanti e dal grande peso politico, e i piccolissimi editori di fumetto, magari appena nati o che hanno poche testate in edicola, ecco,
secondo voi, chi potrebbe (ipoteticamente) restare fuori?
E ancora. La sapete quella del macero diretto?
Il distributore viene pagato per rimandare le copie invendute all'editore. Tra l'altro, l'editore, se ha delle pubblicazioni mensili rischia di trovarsi centinaia di migliaia di copie in magazzino che costano anche solo se restano stipate sui pancali.
Per questo il distributore dice: "Amico Editore, facciamo così... te le mando direttamente al macero dove mi torna più comodo, e ti faccio pure risparmiare".
L'editore naturalmente accetta, ma perde di vista gli scatoloni, rinunciando alla possibilità di fare una controllatina.
Ora, certamente esisterà il modo di fare dei controlli e sicuramente tutte quante le rotelle dell'ingranaggio saranno onestissime.
Non ne dubito.
Ma se, facendo una ipotesi assurda, complottistica, degna di Adam Kadmon... non fosse così?
Se qualche distributore truffaldino si approfittasse della situazione?
Tutti i piccoli editori di fumetto italiano da edicola stampano la stessa cifra di copie, e al primo numero, ultimamente, secondo quello che viene sbandierato sulla rete, invece di vendere il 25% del tirato, se ne vende circa il 13%.
E sono prodotti di vario genere e pubblico. Possibile che siano tutti scadenti?
Dove va a finire quel costante 12%? Non è che viene spedito direttamente al macero?
No, certamente non è così.
Non voglio neppure pensarlo.
E come chioserebbe il noto complottista mascherato, le mie sono solo fiabe dell'età moderna, e dunque prendetele come tali, anche se, è noto, ogni favola ha la sua morale. In questo caso la morale è: dobbiamo spingere tutti dalla stessa parte, fare fronte comune, non limitarsi a schermaglie e battibecchi egoici. Viviamo strani giorni.
***
Aggiunta del 15 agosto.
Vorrei aggiungere una precisazione al post.
Se siete a conoscenza di situazioni diverse, se con i distributori, a voi, va alla grande, portate qui la vostra esperienza. Ditelo. Raccontateci la vostra versione e dateci i vostri numeri.
Questo post non è nato per coprire qualche presunto insuccesso, ma per la volontà di verificare la correttezza del sistema.
Il mio obiettivo è che si preservi la possibilità per tanti autori di inventare storie e di farsi leggere. Non mi interessano le fazioni.
Grazie.